Maratona e Psiche: ma perchè corro ?

Di ALBERTO ,

saved running man energy
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Cosa spinge un uomo o una donna, un atleta o un amatore ad affrontare correndo la distanza che divide la città di Maratona da Atene?

Un filo sottile unisce infatti l’araldo ateniese, portatore di notizie di vittoria, al semplice appassionato che domenica 13 aprile si presenterà al via della Turin Marathon.

Entrambi hanno una motivazione psicologica, interiore e personale che li porterà a spingersi oltre i propri limiti (l’araldo morì dopo aver annunciato la vittoria) o vicino ad essi, compiendo comunque uno sforzo lungo 42.195 metri.

Dal punto di vista psicologico, come per tutti gli sport di resistenza, la maratona ha la sua peculiarità nella prolungata durata della prestazione agonistica.

Durante le ore di sforzo l’organismo è sottoposto allo stress dinamico legato al gesto atletico ed allo stress fisico che viene mitigato da una corretta integrazione di liquidi, sali minerali, zuccheri e così via.

In quelle stesse ore, come anche nei momenti precedenti la gara, il podista fa i conti con l’investimento della propria energia psichica e con stati di attivazione positivi e negativi legati a numerose variabili.

Tipici del pre-gara sono gli stati ansiosi, o di eccessiva attivazione, legati alla prestazione imminente ed alimentati dai così detti "stressors situazionali" (fonti di stress, ansia, e preoccupazione quali le condizioni climatiche, il proprio stato fisico, le qualità degli avversari).

Sentito il "via!" dato dallo starter, in alcuni casi queste sensazioni negative scompaiono grazie ad una buona capacità di focalizzarsi sul gesto atletico e sulla strategia di gara. Non di rado, tuttavia, e a tutti i livelli, il grado di ansia persiste con conseguenze prestazionali evidenti ed anche con manifestazioni organiche come l’incremento della frequenza cardiaca, la dispnea, l’iperidrosi e la tensione muscolare.

La durata non indifferente della prestazione sportiva, la necessità della gestione del proprio sforzo in base alle risposte organiche e lo sviluppo della gara stessa offrono inevitabilmente al maratoneta momenti critici che possono provocare crisi psicologiche passeggere o persistenti.

Non meno frequenti sono quelle situazioni nelle quali il livello di attivazione psichica è paradossalmente al di sotto della soglia ottimale.

Si tratta di podisti che approcciano la gara in maniera eccessivamente rilassata, trascendendo in uno stato di indolenza, demotivazione e noia che rappresenterà una sorta di zavorra per la loro corsa e per il superamento delle inevitabili crisi psicofisiche che una così lunga competizione comporta.

In gara l’atleta deve essere in grado di:

identificare le aree di "tensione muscolare" e rendere più regolare la respirazione

ritrovare rapidamente un "luogo mentale" tranquillo, un’immagine distesa che lo riporti gradualmente alla tranquillità durante situazioni problematiche.

Se l’atleta non è teso o ansioso, ma è annoiato o demotivato, dovrà utilizzare pensieri positivi e cercare di capire cosa lo disturba o lo distrae in quel momento. In questo caso i sintomi stressanti inducono indolenza, incapacità di reagire agli stimoli ambientali, noia, stanchezza ed isolamento.

Affinché l’atleta sia in grado di rispondere al meglio a qualunque situazione si verifichi durante una così lunga competizione una preparazione preliminare ottimale alla gara dovrebbe comprendere non solo la preparazione per il gesto atletico e la cura dell’alimentazione ma anche una adeguata e specifica preparazione mentale: sempre più spesso sportivi a tutti i livelli si rivolgono agli psicologi dello sport e a psicologi specializzati in mental training per completare il proprio allenamento e migliorare la propria performance sportiva. Esercizi di visualizzazione, tecniche di rilassamento, goal settings sono esempi dell’ormai diffusa integrazione tra allenamento fisico e mentale utile, inoltre, per recuperare al meglio in quelle situazioni successive ad insuccessi e ad un infortuni, che minano non solo la riuscita atletica del gesto, ma anche e soprattutto la sicurezza e l’atteggiamento mentale dell’atleta.

Parte conclusiva ma rilevante dell’esperienza agonistica del maratoneta, anche dilettante, è il recupero psicofisico. L’adrenalina cala e le auspicabili emozioni positive suscitate dalla gara, incastonate nella mente del podista come piacevoli ricordi e sensazioni, lasciano posto ad un’inevitabile stanchezza fisica e mentale.

Compatibilmente con i ritmi della propria vita è consigliabile che l’atleta, soprattutto se amatore, gestisca un periodo di recupero fisico e mentale finalizzato al recupero delle energie, anche mentali, spese durante le ore di sforzo agonistico. Pratiche di rilassamento e sintonizzazione con il corpo posso aiutare l’atleta a recuperare un’ottimale condizione psicofisica, così da cominciare serenamente a pensare alla prossima gara.

Auguro a tutti buon divertimento, una buona performance e una buona maratona, anche mentale…

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