Il Defaticamento

Di ALBERTO ,

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La fase defaticante rappresenta quel frangente posto nell’ultima fase della seduta di allenamento che prevede la corsa lenta. Questo mezzo non è visto con favore da tutti i tecnici. C’è, infatti, chi ritiene che favorendo un più rapido recupero dopo la fase qualitativa della seduta, si limitano i processi legati all’adattamento.
La corsa defaticante dovrebbe avere una durata che va dai 10 ai 20’. Sotto i 10’ resta un momento troppo breve perché dia origine a benefici; sopra i 20’ comincia a diventare non più un semplice defaticante, ma una frazione di corsa che ha un peso specifico proprio all’interno della seduta.
Il defaticamento dovrebbe favorire il ritorno dell’organismo ai suoi valori di base ed accompagnare i processi fisiologici di recupero a compiere la propria azione.
Il ritmo della corsa defaticante deve essere blando e non ha senso cercare di forzare l’andatura, poiché in quel momento bisogna evitare di sovraccaricare gli apparati impegnati nella corsa.
Eseguire 10’ di defaticante è da consigliare al termine di una seduta particolarmente traumatica. In quel caso è meglio “stare sulle gambe” il minor tempo possibile e quindi è meglio proporre un’ultima fase breve.
Correre 15’ di defaticante è lo standard classico, in pratica è un tempo sicuramente sufficiente ed al contempo non ampio che può innescare nuovi processi di lavoro muscolare.
Il defaticante di 20’ è da consigliare per atleti ben allenati in quanto rappresenta una garanzia di un ottimo “massaggio” al termine del lavoro di qualità garantendo buoni risultati in termini di recupero.
Dopo le sedute di potenza aerobica estensiva, consiglio di protrarre un po’ più a lungo la fase defaticante, sia perché l’allenamento è stato intenso ma non molto traumatico, e per guadagnare ancora qualche km.
In caso di sedute lattacide pure, è bene non aprire troppo la fase di rigenerazione perché la muscolatura e le articolazioni essendo state sollecitate rischiano di avere ripercussioni negative.
A volte ci si espone in modo spontaneo a dei rischi come ad esempio al termine di allenamenti “veloci” quando le gambe tendono a scappar via ad andature alte; in quei casi bisogna controllarsi e non farsi prendere dall’euforia, se la parte specifica è finita, c’è solo da correre in modo leggero e decontratto.
Il defaticamento cambia in base alle caratteristiche del corridore ed al tipo di allenamento svolto. Vediamo alcuni esempi:
- I mezzofondisti veloci dopo lavori di forza a carico naturale o in palestra, possono anche defaticare con delle serie di allunghi condotti in maniera attenta e disciplinata.
- Alla fine di un collinare, venendo di solito dall’ultima parte corsa in discesa è bene finire la seduta con 10’ di corsa in piano.
- Stesso discorso per gli allenamenti in campestre: è bene terminare la seduta su un terreno soffice e dal fondo regolare.
- Nelle sedute in cui è prevista una cronoscalata è bene tornare con la macchina in pianura ed eseguire lì il defaticamento. Si può rimanere in “alto” solo se c’è un tragitto defaticante piatto o leggermente ondulato; questo per evitare la discesa che va contro l’effetto defaticante.

Massimo Santucci

www.santuccirunning.it

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